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Infermieri Cives sul terremoto: l’esperienza di Neri e Claudia

Un resoconto dettagliato di come ha funzionato l’organizzazione socio-sanitaria

Claudia Picone e Neri Emmanuele sono i due infermieri volontari del nucleo Cives Firenze che hanno riposto alla chiamata della protezione civile dopo il terremoto che alla fine di ottobre scorso ha devastato le Marche. Sono entrambi infermieri esperti in medicina di emergenza e lavorano nel pronto soccorso. Claudia ha avuto lunghe esperienze di volontariato in Africa e Neri ha prestato la sua competenza in Italia. I due volontari Cives ci hanno fatto un resoconto molto dettagliato di come ha funzionato l’organizzazione socio-sanitaria dopo il terremoto. 

Come parte la macchina dei soccorsi?

(Neri) «Il dipartimento di Protezione civile nazionale decide le risorse necessarie con professionisti sanitari e, per Cives Firenze, ci siamo resi disponibili noi due. Siamo partiti per Porto Sant’Elpidio il 30 ottobre, dopo l’ultima forte scossa nel centro Italia, e siamo rimasti nelle Marche sette giorni».

Come vi siete organizzati appena giunti sul campo?

(Claudia) «Il primo giorno è stato di ricognizione e di analisi macroscopica dei bisogni della popolazione terremotata in base alle criticità. Il giorno seguente è giunto lo staff del Sismax, diretto dal dottor Lubrani, per montare il Pass (punto di assistenza socio sanitaria) della Regione Toscana, lasciandolo l’indomani alla gestione Cives».

Ci potete spiegare cosa è il Pass?

(Claudia) «Si tratta di un poliambulatorio di base creato in un campo di accoglienza durante una catastrofe, funzionale a garantire assistenza socio sanitaria multidisciplinare. In base alle criticità riscontrate, il Pass è stato allestito con personale di medicina generale, pediatria, infermieristico, di psicologia e assistenza sociale. Il Pass è stato operativo dal primo novembre ed è stato necessario creare un modello organizzativo connesso all'organizzazione dell’ASUR 4 e in particolare con l’ADI».

(Neri) «È presente un container per l’ambulatorio di ognuna di queste figure professionali. Lo scopo è far fronte alle problematiche della popolazione colpita dal sisma. In più ci sono le aree di segreteria e dei servizi. Il tutto predisposto nel parcheggio antistante l’hotel Holiday, che oltre a essere una struttura di accoglienza, è stato designato come stato punto di smistamento e registrazione degli sfollati di tutta l’area colpita dal sisma (province di Fermo, Rieti e Macerata)». 

A quante persone ammontava la popolazione colpita?

(Claudia) «La zona in questione accoglie al momento circa 5mila sfollati, di cui circa 2200 solo della provincia di Fermo, oggetto del nostro studio».

 Ci sono state difficoltà nella collaborazione con l’organizzazione sanitaria locale?

 (Neri) «C’è stata un’esemplare collaborazione professionale tra il nostro staff infermieristico Cives e la dirigenza medica ed infermieristica della area vasta 4, come auspicabile nell'ambito di medicina delle catastrofi».
Dopo aver sistemato gli sfollati, come è avvenuto il loro inquadramento nel contesto sanitario?  

(Claudia) «L’utente ha accesso al Pass previa registrazione in segreteria, allestita in un camper dove viene identificato il bisogno sanitario e consegnato un numero progressivo di accesso all’ambulatorio di destinazione, successivamente un volontario della logistica gestisce la sala d'attesa allestita in una tenda antistante e lo stazionamento degli utenti nell'area».

(Neri) «Il Pass è attivo dalle 8 alle 20 ad eccezione della guardia medica presente h 24 e di quella pediatrica, presente 4 ore al giorno suddivise in mattina e pomeriggio. L’attività del Pass, l’organizzazione interna, le modalità di rilevazione dei bisogni e la modulistica sono state interamente procedurizzate ex-novo e successivamente protocollate dal Cives».

 Tutti e due avete avuto esperienze di volontariato, cosa vi aspettavate di dover affrontare nello scenario del terremoto?

(Neri) «Prima di tutto volevo rendermi utile. È stata un’esperienza molto istruttiva, anche perché pensavamo di dover lavorare tanto nel campo strettamente legato all’emergenza medica e psicologica. Per fortuna l’allerta ha funzionato molto bene e non ci sono stati morti o feriti gravi. Dopo la prima scossa sono state evacuate molte persone, che così si sono salvate».

(Claudia) «Il nostro contributo è stato soprattutto legato all’ambito del domiciliare e di carattere organizzativo. Abbiamo creato una rete sanitaria nel giro di alcune ore, non giorni. La popolazione è stata spostata dall’area del terremoto all’area della costa. La cosa più urgente è stata l'assistenza medica ai malati cronici».

Potete raccontarci la vostra prima attività sul campo?

(Claudia) «Siamo arrivati a Porto Sant’Elpidio alle 4 e mezzo di mattina. Era una giornata di ricognizione e noi due siamo stati mandati dentro all’hotel per ricevere chiunque avesse bisogno di assistenza. Si è presentata solo una persona, allora abbiamo deciso di andare noi porta a porta per chiedere se c’erano problemi. Alla fine abbiamo capito che c’erano davvero tante criticità da affrontare, soprattutto legate ai malati cronici, come i dializzati, i cardiopatici, chi aveva bisogno di bombole d’ossigeno o di farmaci salvavita».

Avete dei numeri indicativi?

(Neri) «I primi cinque giorni di attività del Pass hanno avuto 339 accessi totali, di cui 244 per la guardia medica, 11 per la guardia medica pediatrica, 32 all’ambulatorio infermieristico con 44 prestazioni, 6 all’ambulatorio psicologico e 2 all’assistenza sociale».

La più grande soddisfazione?

(Claudia) «C’è stata un’ottima collaborazione con i dirigenti medici e infermieristici. Il modello applicato è quello sviluppato e gestito dagli infermieri, che hanno avuto a disposizione un ambulatorio infermieristico, almeno per la casistica minore. Uno dei pochi casi in Italia dove la pratica rispecchia la teoria». 

 

 

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